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Solennità del CORPUS DOMINI - Liturgia della Domenica

DOMENICA DOPO LA TRINITA'
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

Anno A - Solennità    

LETTURE: Dt 8,2-3.14b-16a; Sal 147;
1 Cor 10,16-17; Gv 6,51-58











LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Dt 8, 2-3. 14b-16a
Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto.
 
Dal libro del Deuteronòmio
Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 147
Loda il Signore, Gerusalemme.

 

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. 

Seconda Lettura  1 Cor 10, 16-17
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Vangelo  Gv 6, 51-58
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
 
Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 








Dall''Esortazione Apostolica Postsinodale

 "SACRAMENTUM CARITATIS
sull'Eucaristia Fonte e Culmine della Vita
e della Missione della Chiesa
; di Benedetto XVI.

dal sito: w2.vatican.va


1. Sacramento della carità, la Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio per ogni uomo. In questo mirabile Sacramento si manifesta l'amore « più grande », quello che spinge a « dare la vita per i propri amici » (Gv 15,13). Gesù, infatti, « li amò fino alla fine » (Gv 13,1). Con questa espressione, l'Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui compiuto: prima di morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel Sacramento eucaristico continua ad amarci « fino alla fine », fino al dono del suo corpo e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale meraviglia deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico!

Il cibo della verità

2. Nel Sacramento dell'altare, il Signore viene incontro all'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), facendosi suo compagno di viaggio. In questo Sacramento, infatti, il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà. Poiché solo la verità può renderci liberi davvero (cfr Gv 8,36), Cristo si fa per noi cibo di Verità. Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio. Domandandosi, allora, che cosa possa ultimamente muovere l'uomo nell'intimo, il santo Vescovo esclama: « Che cosa desidera l'anima più ardentemente della verità? ». Ogni uomo, infatti, porta in sé l'insopprimibile desiderio della verità, ultima e definitiva. Per questo, il Signore Gesù, « via, verità e vita » (Gv 14,6), si rivolge al cuore anelante dell'uomo, che si sente pellegrino e assetato, al cuore che sospira verso la fonte della vita, al cuore mendicante della Verità. Gesù Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo. « Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova ». Nel sacramento dell'Eucaristia Gesù ci mostra in particolare la verità dell'amore, che è la stessa essenza di Dio. È questa verità evangelica che interessa ogni uomo e tutto l'uomo. Per questo la Chiesa, che trova nell'Eucaristia il suo centro vitale, si impegna costantemente ad annunciare a tutti, opportune importune (cfr 2 Tm 4,2), che Dio è amore. Proprio perché Cristo si è fatto per noi cibo di Verità, la Chiesa si rivolge all'uomo, invitandolo ad accogliere liberamente il dono di Dio.

Lo sviluppo del rito eucaristico

3. Guardando alla storia bimillenaria della Chiesa di Dio, guidata dalla sapiente azione dello Spirito Santo, ammiriamo, pieni di gratitudine, lo sviluppo, ordinato nel tempo, delle forme rituali in cui facciamo memoria dell'evento della nostra salvezza. Dalle molteplici forme dei primi secoli, che ancora splendono nei riti delle antiche Chiese di Oriente, fino alla diffusione del rito romano; dalle chiare indicazioni del Concilio di Trento e del Messale di san Pio V fino al rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II: in ogni tappa della storia della Chiesa la Celebrazione eucaristica, quale fonte e culmine della sua vita e missione, risplende nel rito liturgico in tutta la sua multiforme ricchezza. La XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 2 al 23 ottobre 2005 in Vaticano, ha espresso nei confronti di questa storia un profondo ringraziamento a Dio, riconoscendo operante in essa la guida dello Spirito Santo. In particolare, i Padri sinodali hanno constatato e ribadito il benefico influsso che la riforma liturgica attuata a partire dal Concilio ecumenico Vaticano II ha avuto per la vita della Chiesa. Il Sinodo dei Vescovi ha avuto la possibilità di valutare la sua ricezione dopo l'Assise conciliare. Moltissimi sono stati gli apprezzamenti. Le difficoltà ed anche taluni abusi rilevati, è stato affermato, non possono oscurare la bontà e la validità del rinnovamento liturgico, che contiene ancora ricchezze non pienamente esplorate. Si tratta in concreto di leggere i cambiamenti voluti dal Concilio all'interno dell'unità che caratterizza lo sviluppo storico del rito stesso, senza introdurre artificiose rotture.

Il Sinodo dei Vescovi e l'Anno dell'Eucaristia

4. È necessario inoltre sottolineare il rapporto del recente Sinodo dei Vescovi sull'Eucaristia con quanto è accaduto negli ultimi anni nella vita della Chiesa. Innanzitutto, dobbiamo ricollegarci idealmente al Grande Giubileo del 2000, con il quale il mio amato Predecessore, il servo di Dio Giovanni Paolo II, ha introdotto la Chiesa nel terzo millennio cristiano. L'Anno Giubilare è stato indubbiamente caratterizzato in senso fortemente eucaristico. Non si può poi dimenticare che il Sinodo dei Vescovi è stato preceduto, ed in un certo senso anche preparato, dall'Anno dell'Eucaristia, voluto con grande lungimiranza da Giovanni Paolo II per tutta la Chiesa. Tale periodo, iniziato con il Congresso Eucaristico Internazionale a Guadalajara nell'ottobre 2004, si è concluso il 23 Ottobre 2005, al termine della XI Assemblea Sinodale, con la canonizzazione di cinque Beati, che si sono particolarmente distinti per la pietà eucaristica: il Vescovo Józef Bilczewski, i presbiteri Gaetano Catanoso, Zygmunt Gorazdowski e Alberto Hurtado Cruchaga, e il religioso cappuccino Felice da Nicosia. Grazie agli insegnamenti proposti da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine e ai preziosi suggerimenti della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sono state numerose le iniziative che le diocesi e le diverse realtà ecclesiali hanno intrapreso per risvegliare ed accrescere nei credenti la fede eucaristica, per migliorare la cura delle celebrazioni e promuovere l'adorazione eucaristica, per incoraggiare una fattiva solidarietà che partendo dall'Eucaristia raggiungesse i bisognosi. Infine, è necessario menzionare l'importanza dell'ultima Enciclica del mio venerato Predecessore, Ecclesia de Eucharistia, con la quale egli ci ha lasciato un sicuro riferimento magisteriale sulla dottrina eucaristica e un'ultima testimonianza circa il posto centrale che questo divino Sacramento occupava nella sua esistenza.








ANNO DELL'EUCARISTIA (2004-2005)

dal sito:
http://www.vatican.va/holy_father/special_features/eucharist/index_it.html


SOLENNITÀ DEL «CORPUS DOMINI»

OMELIA DI PAOLO VI

Domenica, 12 giugno 1977



Venerati Fratelli e Figli carissimi!

Noi celebriamo oggi la festa del «Corpus Domini», non già nel giorno che le era tradizionalmente prefisso, il Giovedì successivo alla Domenica dedicata ad onorare la SS.ma Trinità, ma nella Domenica dopo questa solennità, e ciò per uniformare a quello civile il nostro calendario liturgico; ma dichiariamo subito che questo spostamento di ricorrenza puramente cronologica, reso opportuno anche in Italia, non vuole e non deve minimamente significare una diminuzione del culto alla santissima Eucaristia, sì bene lo vuole praticamente riaffermare e rendere più accessibile ed osservato da tutto il Popolo fedele. A voi, Pastori della Chiesa di Dio, a voi Sacerdoti, ministri di tanto sacrificio e sacramento, a voi Religiosi e Religiose, che ne professate particolarmente la devozione, a voi Cattolici tutti, sempre invitati al misterioso e santissimo convito eucaristico, noi raccomandiamo vivissimamente di rinnovare l’impegno perenne di celebrare con inalterata, anzi con accresciuta convinzione questa bellissima festività, sommamente dovuta al Cristo, che con tale prodigalità di amore e di grazia viene a noi incontro, e per ciascuno di noi, come per tutta la comunità cattolica è veramente, ineffabilmente il Pane di vita per questo nostro cammino nel tempo verso l’eterno possesso di Dio.

Venerabili Fratelli e Figli carissimi!

Ascoltate! dunque anche quest’anno una breve parola per l’adorante intelligenza del «Corpus Domini». Il primo scopo di questa celebrazione è pedagogico, cioè educativo; quello di renderci attenti, coscienti, esultanti della realtà del mistero eucaristico. L’uomo è un essere che si abitua alle cose straordinarie e spesso ne riconduce l’impressione eccezionale d’un dato momento entro un’espressione convenzionale e superficiale ordinaria. L’uomo si abitua; ed anche a riguardo di realtà, che eccedono la sua consueta capacità di comprensione, egli le considera spesso normali e come contenute nell’involucro puramente verbale che le qualifica, senza più attribuire e riconoscere la esuberante ricchezza di significato interiore loro proprio. Così avviene sovente a noi per questo ineffabile sacramento dell’Eucaristia, che non offre alla nostra conoscenza sensibile se non le immagini apparenti, le specie, del pane e del vino, mentre celano in realtà, queste specie, la carne e il sangue, e loro stesse contengono sull’altare gli elementi d’un sacrificio, d’una vittima immolata, di Cristo crocifisso, Corpo unito al proprio sangue, alla sua anima e alla Divinità del Verbo. Sì, questo è il «mistero di fede», presente nell’Eucaristia (Cfr. CONC. TRIDENT. De Eucharistia, 3); e questo è il primo sforzo spirituale, al quale questo sacramento ci invita e ci obbliga, uno sforzo conoscitivo, non sorretto da un’esperienza sperimentale, che vada oltre le sembianze (anch’esse pur tanto eloquenti, ma significative d’altro concetto che non quello materiale e ordinario (Cfr. Io. 6, 63), ma uno sforzo di fede, di adesione cioè ad una Parola dominatrice delle cose create, una Parola, un Verbo divino, presente.

Per accedere al sacramento dell’Amore bisogna varcare la soglia della fede (Cfr. S. THOMAE Summa Theologiae, III, 73, 3 ad 3). Mistero della Fede! Entrati che noi siamo nella sfera della Fede, la quale ci invita a leggere nei segni sacramentali l’ineffabile Realtà ch’essi localizzano e raffigurano, Cristo sacrificato e fattosi alimento spirituale per noi, una timida-audace domanda affiora al nostro animo trasognato: perché? Perché, o Signore, hai voluto assumere codeste sembianze? perché vieni a noi così nascosto e così svelato? Tratteniamo un istante il respiro, e ascoltiamo. Sì, una parola di Gesù è pronunciata, per così dire, dal dono eucaristico che ci è messo davanti; la riascoltiamo dal Vangelo; Gesù dice ancora e sempre: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e Io vi ristorerò» (Matth. 11, 28). Dunque Gesù è in un atteggiamento di invito, di conoscenza e di compassione per noi, anzi di offerta, di promessa, di amicizia, di bontà, di rimedio ai nostri mali, di confortatore, e ancor più di alimento, di pane, di sorgente di energia e di vita. «Io sono il pane della vita» (Io. 6, 48), soggiunge nel suo eloquente silenzio il Signore, Gesù pane! Gesù alimento? ma dove vuole arrivare il Signore? Non è già troppo ch’Egli sia venuto nel mondo per noi? anzi, che Egli si sia reso così accessibile da moltiplicare la sua sacramentale presenza per ogni altare, per ogni mensa, dove un’altra sua presenza rappresentativa e operativa, quella d’un Sacerdote, renda possibile la moltiplicazione indefinita di questo prodigio? (Cfr. DE LA TAILLE, Mysterium Fidei, Eluc. 36 ss.)

Gli aspetti di questa dottrina si dilatano e si moltiplicano a mano a mano ch’essa si fa oggetto di riflessione, fino a confondere la nostra mente, se l’intenzione sovrana del Signore non ci fosse palese dalla celebre parola dell’Apostolo Paolo, a cui questa basilica è dedicata, parola resa comunissima nel nostro consueto linguaggio religioso. E qual è questa divina e suprema intenzione, e quale parola per noi la esprime? La parola «comunione», in greco «koinonía», termine verbale questo che ricorre sempre su le nostre labbra, quando appunto voglia indicare l’assunzione di questo sacramento; «fare la comunione» significa accostarsi all’Eucaristia, ricevere Gesù nel sacramento che nella sua profonda realtà consiste nell’unità del Corpo mistico del Signore (Cfr. S. THOMAE Summa Theologiae, III, 73, 3). Noi parlando umanamente diamo piuttosto un senso nostro, soggettivo alla parola «comunione», quasi che questo atto fosse adeguatamente espresso dalla nostra azione di accostarci all’Eucaristia, mentre meno badiamo all’iniziativa di Cristo che rende a noi possibile di ricevere Lui, che a noi si offre istituendo e rinnovando questo mirabile sacramento con le parole benedette: «Prendete e mangiate; Questo è il mio corpo dato in sacrificio per voi . . . Questo è il calice del mio sangue versato per voi . . .». Qui è svelata l’intenzione estrema di Cristo verso gli uomini chiamati alla sua religione, ch’è finalmente dichiarata, l’amore: «nessun amore maggiore di questo, il dare la propria vita per i propri amici, e voi siete i miei amici . . .» (Io. 15, 13 cfr. Prov. 8, 31. ss.).

Siamo noi degni, no, certo! -, siamo noi capaci d’entrare nel cuore di questa «esaltazione» religiosa? Quanti uomini non la sanno comprendere; e quanti, se pur ne intravedono il segreto, non la sanno accettare. Qui l’amore a Dio, il grande, il sommo precetto, diventa il grande il sommo dono di Dio. Noi siamo gli amati, prima che noi siamo disposti ad amare; Egli ci ha amati per primo (1 Io. 4, 10-19) e noi ci siamo, quante volte, sottratti al suo amore, noi creati da Lui, fatti per Lui, noi abbiamo ricusato d’incontrarci con Lui (cfr. parabola dell’invito al grande pranzo - Matth. 22, l-10; Luc. 14, 15-24 -), forse per il vile e segreto timore d’essere conquistati ad un Amore, che avrebbe mutato la nostra vita . . . L’Eucaristia è l’invito più diretto, più forte all’amicizia, alla sequela di Cristo. L’Eucaristia è per di più l’alimento che dà l’energia e la gioia per corrispondervi. L’Eucaristia pone così il problema della nostra vita sopra un gioco supremo d’amore, di scelta, di fedeltà, il quale gioco, se accettato da religioso si fa sociale, secondo le rivelatrici parole dell’Apostolo Paolo, che noi a noi stessi ripeteremo a conclusione e a ricordo di questa nostra celebrazione. L’Amore ricevuto da Cristo nell’Eucaristia è comunione con Lui e per ciò stesso si trasforma e si manifesta in comunione nostra con i fratelli, effettivi o possibili quali sono tutti gli uomini per noi. Nutriti del Corpo reale e sacramentale di Cristo, noi diventiamo sempre più intimamente il Corpo mistico di Cristo: «il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane, che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo : tutti infatti partecipiamo dell’unico pane» (1 Cor. 10, 16 ss.).

Ripetiamo con S. Agostino: «O Sacramento di pietà! o segno d’unità! o vincolo di carità! Chi vuol vivere, ha di che vivere» (S. AUGUSTINI Tr. 26, 19: PL 35, 1615). E così sia per noi, Fratelli e Figli carissimi!









SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 3 giugno 1999

    

1. Lauda, Sion, Salvatorem! Loda, Sion, il Salvatore!

Loda il tuo Salvatore, Comunità cristiana di Roma, adunata dinanzi a questa Basilica Cattedrale, dedicata a Cristo Salvatore ed al suo Precursore, Giovanni Battista! Lodalo, perché "Egli ha messo pace nei tuoi confini e ti sazia con fior di frumento" (Salmo resp. 147, 14).

La solennità del Corpus Domini è festa di lode e di ringraziamento. In essa il popolo cristiano si raccoglie intorno all'altare per contemplare ed adorare il Mistero eucaristico, memoriale del sacrificio di Cristo, che ha donato a tutti gli uomini la salvezza e la pace. Quest'anno, la nostra solenne celebrazione e, tra poco, la tradizionale processione, che ci condurrà da questa Piazza a Santa Maria Maggiore, hanno una finalità particolare: vogliono essere supplica unanime e accorata per la pace.

Mentre adoriamo il Corpo di Colui che è nostro Capo, come non farci solidali con le sue membra che soffrono a causa della guerra? Sì, Fratelli e Sorelle carissimi, romani e pellegrini, questa sera vogliamo pregare insieme per la pace; vogliamo pregare, in modo particolare, per la pace nei Balcani. Ci illumina e ci guida la Parola di Dio che abbiamo poc'anzi ascoltato.

2. Nella prima Lettura è risuonato il comando del Signore: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere" (Dt 8, 2). "Ricordati . . ."! Questa è la prima parola. Non un invito, ma un comando che il Signore rivolge al suo popolo, prima di introdurlo nella terra promessa. Gli comanda di non dimenticare.

Per avere la pace, che è la sintesi di tutti i beni promessi da Dio, occorre anzitutto non dimenticare, ma fare tesoro dell'esperienza passata. Anche dagli errori si può trarre un ammaestramento utile per orientare meglio il proprio cammino.

Guardando a questo secolo ed al millennio che si chiude, come non richiamare alla memoria le terribili prove che l'umanità ha dovuto sopportare? Non possiamo dimenticare: anzi, dobbiamo ricordare. Aiutaci, Dio, nostro Padre, a trarre le giuste lezioni dalle vicende nostre e di coloro che ci hanno preceduto!

3. La storia parla di grandi aspirazioni alla pace, ma anche di ricorrenti delusioni che l'umanità ha dovuto subire tra lacrime e sangue. Proprio in questo giorno, il 3 giugno di 36 anni fa, moriva Giovanni XXIII, il Papa della Pacem in terris. Quale coro unanime di lodi accolse quel documento, in cui si tracciavano le grandi linee per l'edificazione di una pace vera nel mondo! Ma quante volte in questi anni si è ancora dovuto assistere allo scoppio della violenza bellica in una parte o nell'altra del pianeta.

Il credente, tuttavia, non si arrende. Egli sa di poter sempre contare sull'aiuto di Dio. Suonano eloquenti, al riguardo, le parole pronunciate da Gesù durante l'Ultima Cena: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Gv 14, 27). Oggi vogliamo ancora una volta accoglierle e comprenderle in profondità. Entriamo spiritualmente nel Cenacolo per contemplare Cristo che dona, sotto le specie del pane e del vino, il suo corpo e il suo sangue, anticipando nel sacramento il Calvario. E' in questo modo che Egli ci ha donato la pace. San Paolo commenterà: "Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, . . . per mezzo della croce" (Ef 2, 14.16).

Donando se stesso, Cristo ci ha donato la pace. Non è, la sua, la pace del mondo, fatta spesso di astuzie e di compromessi, quando non anche di sopraffazioni e di violenze. La pace di Cristo è frutto della sua Pasqua: è frutto cioè del suo sacrificio che estirpa la radice dell'odio e della violenza e riconcilia gli uomini con Dio e tra loro; è il trofeo della sua vittoria sul peccato e sulla morte, della sua pacifica guerra contro il male del mondo, combattuta e vinta con le armi della verità e dell'amore.

4. Non a caso è proprio questo il saluto che fiorisce sulle labbra del Cristo risorto. Comparendo agli Apostoli, Egli mostra dapprima nelle mani e nel costato i segni della dura lotta sostenuta e poi augura: "Pace a voi!" (Gv 20, 19.21.26). Questa sua pace Egli comunica ai discepoli come dono preziosissimo, non da tenere gelosamente nascosto, ma da diffondere mediante la testimonianza.

Questa sera, carissimi, portando in processione l'Eucaristia, sacramento di Cristo, nostra Pasqua, noi porteremo per le vie della Città l'annuncio di quella pace che Egli ci ha lasciato e che il mondo non può dare. Cammineremo interrogandoci sulla nostra personale testimonianza in favore della pace. Non basta, infatti, parlare di pace, se non ci si impegna poi a coltivare nel cuore sentimenti di pace ed a manifestarli nei rapporti quotidiani con chi ci vive accanto.

Porteremo l'Eucaristia in processione ed eleveremo la nostra supplica accorata al "Principe della pace" per la vicina terra dei Balcani, dove già troppo sangue innocente è stato versato e troppe offese sono state compiute contro la dignità e i diritti degli uomini e dei popoli.

La nostra preghiera è questa sera confortata dalle prospettive di speranza, che finalmente sembrano essersi aperte.

5. "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6, 51). Nel testo evangelico, che poc'anzi abbiamo ascoltato, queste parole di Gesù ci hanno introdotto a comprendere quale sia la sorgente della vera pace. E' Cristo la nostra pace, "pane" offerto per la vita del mondo. Egli è il "pane" che Dio Padre ha preparato, perché l'umanità abbia la vita e l'abbia in abbondanza (cfr Gv 10, 10).

Dio non ha risparmiato il suo Figlio, ma lo ha dato come salvezza per tutti, come Pane di cui nutrirsi per avere la vita. Chiaro è il linguaggio di Cristo: per avere la vita non basta credere in Dio, bisogna vivere di Lui (cfr Gc 2, 14). Per questo il Verbo si è incarnato, è morto e risorto e ci ha donato il suo Spirito; per questo ci ha lasciato l'Eucaristia, perché si possa vivere di Lui come Lui vive del Padre. L'Eucaristia è il sacramento del dono che Cristo ci ha fatto di se stesso: è il Sacramento dell'amore e della pace, che è pienezza di vita.

6. "Pane vivo, che dà vita!".

Signore Gesù, dinanzi a Te, nostra Pasqua e nostra pace, noi ci impegniamo ad opporci senza violenza alle violenze dell'uomo sull'uomo.

Prostrati ai tuoi piedi, o Cristo, noi vogliamo quest'oggi condividere il pane della speranza con i nostri fratelli disperati; il pane della pace con i nostri fratelli martoriati dalla pulizia etnica e dalla guerra; il pane della vita con i nostri fratelli minacciati ogni giorno dalle armi di distruzione e di morte.

Con le vittime innocenti e più indifese, o Cristo, vogliamo condividere il Pane vivo della tua pace.

"Per loro ti offriamo e anch'essi ti offrono questo sacrificio di lode" (Canone Romano), perché Tu, o Cristo, nato dalla Vergine Maria, Regina della pace, sii per noi, con il Padre e lo Spirito Santo, fonte di vita, di amore e di pace.

Amen!










SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Lateranense - 21 giugno 1984



1. “Chiesa Santa, glorifica il tuo Signore” (Sal 147, 12).

Questa esortazione, che risuona nell’odierna liturgia, risponde, quasi come un’eco lontana, all’invito che il salmista ha rivolto a Gerusalemme.

Glorifica il Signore, Gerusalemme, / loda, Sion, il tuo Dio. / Perché ha rinforzato le sbarre alle tue porte, / in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli” / (Sal 147, 12-13).

La Chiesa è cresciuta da Gerusalemme e nel più profondo del suo cuore porta questo invito a glorificare il Dio vivente. Oggi desidera rispondere a questo invito in modo particolare. Questo giorno - giovedì dopo la domenica della Santissima Trinità - è la solennità del Corpus Domini: del santissimo corpo e sangue di Cristo.

2. La Chiesa è cresciuta dalla Gerusalemme dell’antica alleanza come corpo ben compaginato in unità mediante l’Eucaristia. “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo. Tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1 Cor 10, 17).

“E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?” (1 Cor 10, 16).

“Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo?” (1 Cor 10, 16).

Oggi vogliamo glorificare in modo particolare, vogliamo adorare con un atto pubblico e solenne questo pane e questo calice, mediante i quali partecipiamo al corpo e al sangue di Gesù Cristo.

Tutto ciò che facciamo: questo santissimo Sacrificio, che ora celebriamo, e questa processione eucaristica che poi attraverserà alcune vie di Roma (dalla basilica in Laterano alla basilica della Madre di Dio sull’Esquilino): tutto ciò ha come scopo solo questo:

glorificare questo pane e questo calice, mediante i quali la Chiesa partecipa al corpo e al sangue di Gesù Cristo. “Gerusalemme, loda il tuo Dio”.

3. Gesù Cristo dice:

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me” (Gv 6, 56-57). Tale è la vita della Chiesa. Essa si svolge nel nascondimento eucaristico. Lo indica la lampada che arde giorno e notte davanti al tabernacolo. Questa vita si svolge anche nel nascondimento delle anime umane, nell’intimo tabernacolo dell’uomo.

La Chiesa incessantemente celebra l’Eucaristia, circondando della massima venerazione questo mistero, che Cristo ha stabilito nel suo corpo e nel suo sangue; questo mistero che è la vita interiore delle anime umane.

Lo fa con tutta la sacra discrezione che questo sacramento merita.

Però vi è un giorno in cui la Chiesa vuole parlare a tutto il mondo di questo suo grande mistero. Proclamarlo per le vie e sulle piazze. Cantare ad alta voce la gloria del suo Dio. Di questo Dio mirabile, che si è fatto corpo e sangue: cibo e bevanda delle anime umane.

“. . . Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 51).

Bisogna dunque che “il mondo” lo sappia. Bisogna che “il mondo” accolga in questo giorno solenne il messaggio eucaristico: il messaggio del corpo e del sangue di Cristo.

4. Desideriamo dunque circondare con un corteo solenne questo “pane, mediante il quale noi - molti - formiamo un Corpo solo”.

Vogliamo camminare e proclamare, cantare, confessare: ecco il Cristo - Eucaristia - inviato dal Padre. Ecco il Cristo, che vive per il Padre. / Ecco noi, in Cristo: / noi, che mangiamo il suo corpo e il suo sangue / noi, che viviamo per lui: per mezzo di Cristo-Eucaristia. / Per Cristo, Figlio eterno di Dio.

“Chi mangia la sua carne e beve il suo sangue, ha la vita eterna... Lui: il Cristo lo risusciterà nell’ultimo giorno” (cf. Gv 6, 54).

A questo mondo che passa, / a questa città, che anch’essa passa, pur essendo chiamata “città eterna”, / desideriamo annunciare la vita eterna, che è mediante il Cristo in Dio: / la vita eterna, il cui inizio e segno evangelico è la risurrezione di Cristo; / la vita eterna, che accogliamo come Eucaristia; sacramento di vita eterna.

Gerusalemme!

Chiesa santa! Loda il tuo Dio. Amen.












Dall' Esortazione Apostolica Postsinodale

"SACRAMENTUM CARITATIS"

DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI - 22 febbraio 2007

Santissima Trinità ed Eucaristia

Il pane disceso dal cielo

... La prima realtà della fede eucaristica è il mistero stesso di Dio, amore trinitario. Nel dialogo di Gesù con Nicodemo, troviamo un'espressione illuminante a questo proposito: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Gv 3,16-17). Queste parole mostrano la radice ultima del dono di Dio. Gesù nell'Eucaristia dà non « qualche cosa » ma se stesso; egli offre il suo corpo e versa il suo sangue. In tal modo dona la totalità della propria esistenza, rivelando la fonte originaria di questo amore. Egli è l'eterno Figlio dato per noi dal Padre.
Nel Vangelo ascoltiamo ancora Gesù che, dopo aver sfamato la moltitudine con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ai suoi interlocutori che lo avevano seguito fino alla sinagoga di Cafarnao, dice: « Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo » (Gv 6,32-33), ed arriva ad identificare se stesso, la propria carne e il proprio sangue, con quel pane: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,51). Gesù si manifesta così come il pane della vita, che l'eterno Padre dona agli uomini.

... La Chiesa accoglie, celebra, adora questo dono in fedele obbedienza. Il « mistero della fede » è mistero di amore trinitario, al quale siamo per grazia chiamati a partecipare. Anche noi dobbiamo pertanto esclamare con sant'Agostino « Se vedi la carità, vedi la Trinità ».

... Dalla relazione tra l'Eucaristia e i singoli Sacramenti, e dal significato escatologico dei santi Misteri emerge nel suo insieme il profilo dell'esistenza cristiana, chiamata ad essere in ogni istante culto spirituale, offerta di se stessa gradita a Dio. E se è vero che noi tutti siamo ancora in cammino verso il pieno compimento della nostra speranza, questo non toglie che si possa già ora con gratitudine riconoscere che quanto Dio ci ha donato trova perfetta realizzazione nella Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra: la sua Assunzione al cielo in corpo ed anima è per noi segno di sicura speranza, in quanto indica a noi, pellegrini nel tempo, quella meta escatologica che il sacramento dell'Eucaristia ci fa fin d'ora pregustare.

... Per questo, ogni volta che nella Liturgia eucaristica ci accostiamo al Corpo e al Sangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a Lei che, aderendovi pienamente, ha accolto per tutta la Chiesa il sacrificio di Cristo. Giustamente i Padri sinodali hanno affermato che « Maria inaugura la partecipazione della Chiesa al sacrificio del Redentore ». Ella è l'Immacolata che accoglie incondizionatamente il dono di Dio e, in tal modo, viene associata all'opera della salvezza. Maria di Nazareth, icona della Chiesa nascente, è il modello di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il dono che Gesù fa di se stesso nell'Eucaristia.



EUCARISTIA, MISTERO DA CELEBRARE


« In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo,
ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero » (Gv 6,32)


... Il Sinodo dei Vescovi ha riflettuto molto sulla relazione intrinseca tra fede eucaristica e celebrazione, mettendo in evidenza il nesso tra lex orandi e lex credendi e sottolineando il primato dell'azione liturgica. È necessario vivere l'Eucaristia come mistero della fede autenticamente celebrato, nella chiara consapevolezza che « l'intellectus fidei è sempre originariamente in rapporto con l'azione liturgica della Chiesa ». In questo ambito, la riflessione teologica non può mai prescindere dall'ordine sacramentale istituito da Cristo stesso. Dall'altra parte, l'azione liturgica non può mai essere considerata genericamente, a prescindere dal mistero della fede. La sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale.


Il rapporto intrinseco tra celebrazione e adorazione


... Uno dei momenti più intensi del Sinodo è stato quando ci siamo recati nella Basilica di San Pietro, insieme a tanti fedeli per l'adorazione eucaristica. Con tale gesto di preghiera, l'Assemblea dei Vescovi ha inteso richiamare l'attenzione, non solo con le parole, sull'importanza della relazione intrinseca tra Celebrazione eucaristica e adorazione. In questo significativo aspetto della fede della Chiesa si trova uno degli elementi decisivi del cammino ecclesiale, compiuto dopo il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II. Mentre la riforma muoveva i primi passi, a volte l'intrinseco rapporto tra la santa Messa e l'adorazione del Ss.mo Sacramento non fu abbastanza chiaramente percepito. Un'obiezione allora diffusa prendeva spunto, ad esempio, dal rilievo secondo cui il Pane eucaristico non ci sarebbe stato dato per essere contemplato, ma per essere mangiato. In realtà, alla luce dell'esperienza di preghiera della Chiesa, tale contrapposizione si rivelava priva di ogni fondamento. Già Agostino aveva detto: « nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando – Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; peccheremmo se non la adorassimo ». Nell'Eucaristia, infatti, il Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a noi; l'adorazione eucaristica non è che l'ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d'adorazione della Chiesa. Ricevere l'Eucaristia significa porsi in atteggiamento di adorazione verso Colui che riceviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo, in qualche modo, la bellezza della liturgia celeste. L'atto di adorazione al di fuori della santa Messa prolunga ed intensifica quanto s'è fatto nella Celebrazione liturgica stessa. Infatti, « soltanto nell'adorazione può maturare un'accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro col Signore matura poi anche la missione sociale che nell'Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri ».

EUCARISTIA, MISTERO DA VIVERE


« Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6,57)


... Il nuovo culto cristiano abbraccia ogni aspetto dell'esistenza, trasfigurandola: « Sia dunque che mangiate sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio » (1 Cor 10,31). In ogni atto della vita il cristiano è chiamato ad esprimere il vero culto a Dio. Da qui prende forma la natura intrinsecamente eucaristica della vita cristiana. In quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza quotidiana, l'Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell'uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29s). Non c'è nulla di autenticamente umano – pensieri ed affetti, parole ed opere – che non trovi nel sacramento dell'Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza. Qui emerge tutto il valore antropologico della novità radicale portata da Cristo con l'Eucaristia: il culto a Dio nell'esistenza umana non è relegabile ad un momento particolare e privato, ma per natura sua tende a pervadere ogni aspetto della realtà dell'individuo. Il culto gradito a Dio diviene così un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell'esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio. La gloria di Dio è l'uomo vivente (cfr 1 Cor 10,31). E la vita dell'uomo è la visione di Dio.


Spiritualità e cultura eucaristica


... I Padri sinodali hanno significativamente affermato che « i fedeli cristiani hanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tra l'Eucaristia e la vita quotidiana. La spiritualità eucaristica non è soltanto partecipazione alla Messa e devozione al Santissimo Sacramento. Essa abbraccia la vita intera » (216). Questo rilievo riveste per tutti noi oggi particolare significato. Occorre riconoscere che uno degli effetti più gravi della secolarizzazione poc'anzi menzionata sta nell'aver relegato la fede cristiana ai margini dell'esistenza, come se essa fosse inutile per quanto riguarda lo svolgimento concreto della vita degli uomini. Il fallimento di questo modo di vivere « come se Dio non ci fosse » è ora davanti a tutti. Oggi c'è bisogno di riscoprire che Gesù Cristo non è una semplice convinzione privata o una dottrina astratta, ma una persona reale il cui inserimento nella storia è capace di rinnovare la vita di tutti. Per questo l'Eucaristia come fonte e culmine della vita e missione della Chiesa si deve tradurre in spiritualità, in vita « secondo lo Spirito » (Rm 8,4s; cfr Gal 5,16.25). È significativo che san Paolo, nel passo della Lettera ai Romani in cui invita a vivere il nuovo culto spirituale, richiami contemporaneamente alla necessità del cambiamento del proprio modo di vivere e di pensare: « Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto » (12,2). In tal modo, l'Apostolo delle genti sottolinea il legame tra il vero culto spirituale e la necessità di un nuovo modo di percepire l'esistenza e di condurre la vita. È parte integrante della forma eucaristica della vita cristiana il rinnovamento di mentalità, « affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina » (Ef 4,14).



Eucaristia, mistero da offrire al mondo


Eucaristia, pane spezzato per la vita del mondo

... « Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,51). Con queste parole il Signore rivela il vero significato del dono della propria vita per tutti gli uomini. Esse ci mostrano anche l'intima compassione che Egli ha per ogni persona. In effetti, tante volte i Vangeli ci riportano i sentimenti di Gesù nei confronti degli uomini, in special modo dei sofferenti e dei peccatori (cfr Mt 20,34; Mc 6,34; Lc 19,41). Egli esprime attraverso un sentimento profondamente umano l'intenzione salvifica di Dio per ogni uomo, affinché raggiunga la vita vera. Ogni Celebrazione eucaristica attualizza sacramentalmente il dono che Gesù ha fatto della propria vita sulla Croce per noi e per il mondo intero. Al tempo stesso, nell'Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo, che « consiste appunto nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento. Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo ». In tal modo riconosco, nelle persone che avvicino, fratelli e sorelle per i quali il Signore ha dato la sua vita amandoli « fino alla fine » (Gv 13,1). Di conseguenza, le nostre comunità, quando celebrano l'Eucaristia, devono prendere sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è per tutti e pertanto l'Eucaristia spinge ogni credente in Lui a farsi « pane spezzato » per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. Pensando alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, dobbiamo riconoscere che Cristo ancora oggi continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima persona: « Date loro voi stessi da mangiare » (Mt 14,16). Davvero la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo.









«Oggi, festa del Corpus Domini, abbiamo la gioia non solo di celebrare questo mistero, ma anche di lodarlo e cantarlo per le strade della nostra città. La processione che faremo, possa esprimere la nostra riconoscenza per tutto il cammino che Dio ci ha fatto percorrere attraverso il deserto delle nostre povertà, per farci uscire dalla condizione di servi, nutrendoci del suo Amore mediante il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue».

(Papa Francesco, 4 giugno 2015)