2018_12_IV Domenica di Avvento - Dicembre 2018

IV DOMENICA DI AVVENTO - Anno C

LETTURE: Mic 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45



Antifona d'Ingresso  Is 45,8
Stillate dall'alto, o cieli, la vostra rugiada
e dalle nubi scenda a noi il Giusto;
si apra la terra e germogli il Salvatore. 
 
Colletta
Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre, tu, che nell'annunzio dell'angelo ci hai rivelato l'incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


LITURGIA DELLA PAROLA

    
Prima Lettura  Mic 5,1-4a
Da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele
 
Dal libro del profeta Michea

Così dice il Signore:
«E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti.
Perciò Dio li metterà in potere altrui,
fino a quando partorirà colei che deve partorire;
e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele.
Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,
con la maestà del nome del Signore, suo Dio.
Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande 
fino agli estremi confini della terra. 
Egli stesso sarà la pace!». 

 
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 79
Signore, fa' splendere il tuo volto
e noi saremo salvi.

Tu, pastore d'Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell'uomo che per te hai reso forte. 

Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

 
Seconda Lettura  Eb 10,5-10
Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà.

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: "Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà"».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

Canto al Vangelo  Lc 1,38

Alleluia, alleluia.
Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola.
Alleluia.

Vangelo  Lc 1,39-45
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Ap­pena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bam­bino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orec­chi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
 

Sulle Offerte
Accogli, o Dio, i doni che presentiamo all'altare, e consacrali con la potenza del tuo Spirito, che santificò il grembo della Vergine Maria. Per Cristo nostro Signore.

     
Antifona alla Comunione  Is 7,14
Ecco, la Vergine concepirà e darà alla luce un Figlio:
sarà chiamato Emmanuele, Dio con noi.
   

Dopo la Comunione.

O Dio, che ci hai dato il pegno della vita eterna, ascolta la nostra preghiera: quanto più si avvicina il gran giorno della nostra salvezza, tanto più cresca il nostro fervore, per celebrare degnamente il Natale del tuo Figlio. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.





GIOVANNI PAOLO II - UDIENZA GENERALE

IV settimana di Avvento
Mercoledì, 20 dicembre 1978

1. Il nostro incontro di oggi ci offre l’occasione per la quarta e ultima meditazione sull’Avvento. Il Signore è vicino, ce lo ricorda ogni giorno la liturgia dell’Avvento. Questa vicinanza del Signore la sentiamo tutti: tanto noi, sacerdoti, recitando ogni giorno le mirabili “antifone maggiori” dell’Avvento, quanto tutti i cristiani che cercano di preparare i loro cuori e le loro coscienze alla sua venuta. So che in questo periodo i confessionali delle chiese nella mia patria, la Polonia, sono assediati (non meno che durante la Quaresima). Penso che sia certamente così anche in Italia e ovunque un profondo spirito di fede fa sentire il bisogno di aprire l’anima al Signore che sta per venire. La gioia più grande di questa attesa dell’Avvento è quella che vivono i bambini. Ricordo che proprio loro più volentieri si affrettavano nelle parrocchie della mia patria per le messe che si celebrano all’aurora (cosiddette “Rorate...” dalla parola con cui si apre la liturgia, “Rorate coeli”: Stillate, cieli, dall’alto) (Is 45,8). Essi contavano ogni giorno quanti “gradini” rimanevano ancora sulla “scala celeste”, dalla quale Gesù sarebbe sceso sulla terra, per poterlo incontrare alla mezzanotte di Natale nel presepe di Betlemme.

Il Signore è vicino!

2. Già una settimana fa, abbiamo parlato di questo avvicinarsi del Signore. Esso era, infatti, il terzo tema delle considerazioni del mercoledì, scelte per l’Avvento di quest’anno. Abbiamo meditato successivamente, riportandoci agli inizi stessi dell’umanità, cioè al libro della Genesi, le verità fondamentali dell’Avvento: Dio che crea (Elohim) e in questa creazione rivela simultaneamente Se stesso; l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, “rispecchia” Dio nel mondo visibile creato. Questi sono stati i primi e fondamentali temi delle nostre meditazioni durante l’Avvento.

Poi il terzo tema che può essere brevemente riassunto nella parola: “grazia”. “Dio vuole, che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 2,4). Dio vuole che l’uomo divenga partecipe della sua verità, del suo amore, del suo mistero, affinché possa prendere parte alla vita di Dio stesso. “L’albero della vita” simboleggia questa realtà già sin dalle prime pagine della Sacra Scrittura. Però sulle stesse pagine c’incontriamo anche con un altro albero: il libro della Genesi lo chiama “l’albero della conoscenza del bene e del male” (Gen 2,16). Affinché l’uomo possa mangiare il frutto dell’albero della vita, non deve toccare il frutto dell’albero “della conoscenza del bene e del male”. Questa espressione può suonare come una leggenda arcaica. Più però penetriamo “la realtà dell’uomo”, come ci è dato di capirla dalla sua storia terrena – così come ne parla a ciascuno di noi la nostra umana interiore esperienza e la nostra coscienza morale – più avvertiamo di non poter restare indifferenti, scuotendo le spalle davanti a queste immagini bibliche primitive. Quanta carica di verità esistenziale sull’uomo esse contengono! Verità che ciascuno di noi sente come propria. Ovidio, l’antico poeta romano, pagano, non ha forse detto in modo esplicito: “Video meliora proboque, deteriora sequor”: Vedo ciò che è migliore, lo approvo, ma seguo ciò che è peggiore (Ovidio, Le Metamorfosi, VII, 20)? Le sue parole non si discostano molto da ciò che più tardi ha scritto San Paolo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto” (cf. Rm 7,15). L’uomo stesso, dopo il peccato originale, sta tra “il bene e il male”.

“La realtà dell’uomo” – la più profonda “realtà dell’uomo” – sembra svolgersi continuamente tra ciò che fin dall’inizio è stato definito come l’“albero della vita” e quello che è stato definito “l’albero della conoscenza del bene e del male”. Perciò non si può nelle nostre meditazioni sull’Avvento, che riguardano le leggi fondamentali, le realtà essenziali, escludere un altro tema: quello cioè che si esprime con la parola: peccato.

3. Peccato. Il catechismo ci induce in modo semplice e facile a ricordare che esso è trasgressione al comandamento di Dio. Indubbiamente il peccato è trasgressione di un principio morale, violazione di una “norma”, e su questo sono d’accordo tutti, anche coloro che non vogliono sentir parlare di “comandamenti di Dio”. Anch’essi sono concordi nell’ammettere che le principali norme morali, i più elementari principi di comportamento, senza i quali la vita e la convivenza tra gli uomini non è possibile, sono proprio quelli che noi conosciamo come “comandamenti di Dio” (in particolare il quarto, il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo). La vita dell’uomo, la convivenza tra gli uomini, si svolge in una dimensione etica, ed è questa la sua essenziale caratteristica, ed è anche la dimensione essenziale della cultura umana.

Vorrei tuttavia che oggi ci concentrassimo su quel “primo peccato” che – malgrado quanto comunemente si pensa – è descritto nel libro della Genesi con tanta precisione che dimostra tutta la profondità della “realtà dell’uomo” in esso racchiusa.
Questo peccato “nasce” contemporaneamente “dal di fuori”, cioè dalla tentazione, e “dal di dentro”. La tentazione è espressa nelle seguenti parole del tentatore: “Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male” (Gen 3,5). Il contenuto della tentazione colpisce ciò che il Creatore stesso ha plasmato nell’uomo, perché, difatti, egli è stato creato a “somiglianza di Dio”, che vuol dire: “così come Dio”. Esso colpisce anche il desiderio della conoscenza che è nell’uomo, e il desiderio della dignità. Solo che l’uno e l’altro vengono falsificati, così che il desiderio della conoscenza come quello della dignità – cioè della somiglianza a Dio – sono nell’atto della tentazione adoperati per contrapporre l’uomo a Dio. Il tentatore mette l’uomo contro Dio suggerendogli che Dio è suo avversario, che cerca di mantenere lui, l’uomo, nello stato di “ignoranza”; che cerca di “limitarlo” per sottometterlo. Il tentatore dice: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che qualora voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male” (Secondo l’antica traduzione: “sarete come dei”) (Gen 3,4-5).

Occorre, non una volta sola, meditare questa “arcaica” descrizione. Non so se anche nella Sacra Scrittura si possano trovare molti altri passi in cui la realtà del peccato sia descritta non soltanto nella sua forma d’origine, ma anche nella sua essenza, cioè dove la realtà del peccato sia presentata in dimensioni così piene e profonde, dimostrando come l’uomo abbia usato contro Dio proprio ciò che in lui era di Dio, ciò che doveva servire ad avvicinarlo a Dio.

4. Perché di tutto ciò ne parliamo oggi? Per meglio capire l’Avvento. Avvento vuol dire: Dio che viene, perché vuole che “tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 2,4). Viene perché ha creato il mondo e l’uomo per amore e ha stabilito con lui l’ordine della grazia.

Viene però “a causa del peccato”; viene “malgrado il peccato”; viene per togliere il peccato.

Non meravigliamoci perciò che, nella notte di Natale, non trovi posto nelle case di Betlemme e debba nascere in una stalla (nella grotta che serviva da riparo agli animali).

Tanto più però importante è il fatto che egli viene. L’Avvento di ogni anno ci ricorda che la grazia, e cioè la volontà di Dio di salvare l’uomo, è più potente del peccato.










Dalla Riflessione del nostro Vescovo Oscar sul Natale

Immersi nelle luci ma alla ricerca di una cultura della Misericordia


http://www.diocesidicomo.it


...   Come cristiano e come pastore non posso tacere, e con tutta semplicità, ma con gioiosa certezza, accolgo e annuncio l’avvento di Dio nella carne umana, il Signore Gesù, vera gioia che, sola, appaga il cuore di ogni uomo.

È stupefacente che Egli venga tra noi, si mescoli dentro la nostra storia e diventi, senza far rumore, principio di irradiazione di una vita nuova, che trasforma l’esistenza personale, che avvia di nuovo un mondo più solidale, che fa della fraternità la legge del vivere insieme, senza prevenzioni né arroganza.

I valori civili, che un tempo hanno tenuto uniforme la nostra società, sono fortemente in crisi perché offuscati da nuovi stili di vita. La crisi si fa evidente quando viene meno sotto gli occhi di tutti la solidarietà, il rispetto della dignità di ogni persona, la tolleranza. Eppure sono molti coloro che avvertono fortemente un desiderio di un movimento alternativo, che susciti una nuova  umanizzazione del nostro tessuto sociale e promuova una cultura alternativa, cioè quella della Misericordia.

In questo contesto, i cristiani, consapevoli di essere divenuti una minoranza, sebbene “creativa”, possono testimoniare che il Vangelo è una forza che ispira un nuovo rispetto per l’umano e assumere una nuova responsabilità verso di esso.

È il contributo che i discepoli di Colui, venuto tra noi a condividere la nostra fatica, possono offrire ad una società che ha estremo bisogno di rigenerarsi.



L' "Articolo integrale" è pubblicato sul sito web della Diocesi di Como 
al seguente link: 

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