Liturgia della III Domenica del Tempo Ordinario - Anno C *



27 gennaio 2019


III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO



LETTURE: Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21



Antifona d'Ingresso  Sal 65,4

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra;
splendore e maestà dinanzi a lui,
potenza e bellezza nel suo santuario
.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, guida i nostri atti secondo la tua volontà, perché nel nome del tuo diletto Figlio portiamo frutti generosi di opere buone. Per il nostro Signore..


LITURGIA DELLA PAROLA   


Prima Lettura
  Ne 8,2-4.5-6.8-10

Leggevano il libro della legge e ne spiegavano il senso.
 
Dal libro di Neemìa

In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
   

Salmo Responsoriale  Dal Salmo18
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.

   

Seconda Lettura  1Cor 12,12-30

Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

[ Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo.
Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. ] Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. [ Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. ]  Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?.


Canto al Vangelo
   Lc 4,18

Alleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia.


Vangelo  Lc 1,1-4; 4,14-21

Oggi si è compiuta questa Scrittura. 
 
Dal vangelo secondo Luca

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».


Riflessione da: Compagnia di Gesù (Societas Iesu).
Dal sito: www.clerus.va/


La potenza della parola

«Era un leone. Immenso, irsuto e luminoso, stava di fronte al sole appena sorto e aveva la bocca aperta nel canto» e attraverso questo canto, Aslan, il leone, ridesta la vita. È l’immagine usata da C.S. Lewis ne Le cronache di Narnia per descrivere la creazione. La parola dà vita.

La Bibbia ci ricorda fin dall’inizio tale ricchezza presente nella parola, Dio crea per mezzo della parola e da quel momento anche le nostre parole - la nostra capacità di dare nome alle cose - diventano una manifestazione di quella potenza. Dio si è raccontato mediante parole umane. A Israele ha consegnato le parole di vita, la legge, quelle parole che tracciano la strada da percorrere.

Questa potenza della parola spiega il pianto di gioia che il popolo prova - come narrato nel libro di Neemia - quando ascolta le parole che Dio ha donato. Il popolo sta tornando dall’esilio, è affaticato, scoraggiato, deluso, ma ascoltare quella parola di misericordia permette di ritrovare forza. Il popolo si rende conto che non può vivere senza fare memoria di quella promessa. La parola di Dio infatti si compie ogni volta che viene ascoltata. Le nostre assemblee sono oggi, ogni volta, il luogo in cui la Parola di Dio continua a incarnarsi, luogo nel quale l’ascolto attento diventa venerazione.

La coerenza della parola

Rispetto alla riverenza per la parola, tipica della liturgia e della vita cristiana, il nostro tempo si presenta, invece, come l’epoca della parola superficiale e presto dimenticata. La parola è usata in modo rapido, volgare, immediato. E le parole, le promesse, sono spesso archiviate. Forse se volessimo cercare le radici della crisi del nostro tempo, potremmo individuarle proprio nella relazione con le parole.

Come mostra anche il brano del Vangelo di Luca, quando Dio parla si impegna. La parola ha sempre anche una dimensione operativa, riguarda il “fare”: è una promessa, un ordine, un desiderio… Non è un caso, dunque, che in questo testo Gesù dica che proprio oggi la parola si compie, nel momento stesso in cui la pronuncia. Proprio oggi, come per Zaccheo (Lc 19,5), quando la salvezza entra in casa sua nel momento in cui ascolta la parola che Gesù gli rivolge, come oggi il buon ladrone sarà in Paradiso perché ha creduto alla Parola (Lc 23,43).  Siamo messi così davanti al modo in cui noi usiamo le parole, al modo in cui ci impegniamo nelle promesse, alla sincerità del modo in cui esprimiamo il nostro parere.

La parola ci compromette

Il discorso che Gesù pronuncia nella sinagoga di Nazareth è l’incipit di una sorta di omelia o di commento che ogni israelita era chiamato a tenere al termine della lettura del testo sacro. Per i predicatori può essere utile notare lo stile di Gesù: egli parla di sé, si mette in gioco, si compromette. A volte, le omelie sono riflessioni fredde e impersonali; il predicatore, invece, è il primo che dovrebbe lasciarsi ferire dalla parola, come Papa Francesco ci ha suggerito nell’Evangelii gaudium.

Si tratta, è vero, di una sorta di discorso programmatico di Gesù, in cui egli dice chi vuole essere, ma nel Vangelo di Luca questo discorso segue all’episodio delle tentazioni, dove, con la sua stessa vita, Gesù ha già detto che tipo di Messia vuole essere, un Messia che rifiuta la logica del privilegio e del compromesso con il male: Gesù non trasforma le pietre in pane solo per soddisfare se stesso né si butta giù dal tempio per sfidare Dio e neppure si inginocchia davanti al tentatore per riceverne in cambio i regni della terra. Privilegio e compromesso con il potere: anche qui troviamo un’ulteriore radice della crisi del nostro tempo.

Gesù annuncia l’azione di Dio, ma nel contempo si fa azione. C’è una coerenza intima tra la sua parola e la sua azione: non dice solo di essere mandato ai poveri, egli va dai poveri, non proclama solo la liberazione dei prigionieri, ma libera i prigionieri, non annuncia solo la vista ai ciechi, ma ridà la vista ai ciechi…

Troppe volte la parola è usata invece con superficialità, senza tener conto delle sue conseguenze né della nostra capacità di portarla a compimento. La parola vera è frutto di un discernimento.

La parola da cui partire

La parola più difficile è quella che pronunciamo nei luoghi più familiari, dove siamo conosciuti, dove sono palesi le conseguenze dei nostri proclami. Gesù inizia la sua predicazione proprio dalla sua terra, forse per insegnarci che la missione non è mai una fuga. Tutti sanno, per esperienza, che i luoghi più ardui in cui portare il Vangelo sono la propria famiglia e la propria comunità, cioè i contesti in cui continuamente la parola è messa alla prova, ma è proprio da lì che occorre ricominciare, contando sulla forza della Parola stessa.

Leggersi dentro

-          Quale spazio e quale atteggiamento riservi all’ascolto della Parola di Dio?

-          Usi le parole con superficialità o ti prendi cura di quello che dici?



"Le parole sono vasi eletti e preziosi e possono essere riempiti di qualunque cosa anche del vino dell’errore".

(Agostino, Confessioni).



Dal sito: www.clerus.va/