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5 febbraio ore 15.00 - S. Messa per tutte le donne e Assemblea "Consorelle"



SANT'AGATA
 
Vergine e Martire (sec. III)
Memoria

LETTURE: 2 Cor 10,17-11,2; Sal 123; Mt 10,28-33
 


Donata a noi da Dio, sorgente stessa della bontà 

Dal «Discorso su sant'Agata» di san Metodio Siculo, vescovo,

La commemorazione annuale di sant'Agata ci ha qui radunati perché rendessimo onore a una martire, che è sì antica, ma anche di oggi. Sembra infatti che anche oggi vinca il suo combattimento perché tutti i giorni viene come coronata e decorata di manifestazioni della grazia divina.
Sant'Agata è nata dal Verbo del Dio immortale e dall’unico suo Figlio, morto come uomo per noi. Dice infatti san Giovanni: «A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12).
Agata, la nostra santa, che ci ha invitati al religioso banchetto, è la sposa di Cristo. E' la vergine che ha imporporato le sue labbra del sangue dell’Agnello e ha nutrito il suo spirito con la meditazione sulla morte del suo amante divino.
La stola della santa porta i colori del sangue di Cristo, ma anche quelli della verginità. Quella di sant'Agata, così, diviene una testimonianza di una eloquenza inesauribile per tutte le generazioni seguenti.

Sant’Agata è veramente buona, perché essendo di Dio, si trova dalla parte del suo Sposo per ren­derci partecipi di quel bene, di cui il suo nome porta il valore e il significato: Agata (cioè buona) a noi data in dono dalla stessa sorgente della bontà, Dio.
Infatti cos'è più benefico del sommo bene? E chi potrebbe trovare qualcosa degno di essere maggiormente celebrato con lodi del bene? Ora Agata significa «Buona». La sua bontà corrisponde così bene al nome e alla realtà. Agata, che per le sue magnifiche gesta porta un glorioso nome e nello stesso nome ci fa vedere le gloriose gesta da lei compiute. Agata, ci attrae persino con il proprio nome, perché tutti volentieri le vadano incontro ed è di insegnamento con il suo esempio, perché tutti, senza sosta, gareggino fra di loro per conseguire il vero bene, che è Dio solo.


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   2 Cor 10,17-11,2

Vi ho promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, chi si vanta, si vanti nel Signore; perché non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che il Signore raccomanda.

Oh se poteste sopportare un pò di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo.


Salmo Responsoriale 
Dal Salmo 123

Sei tu, Signore, il nostro rifugio.

Se il Signore non fosse stato con noi,  
quando uomini ci assalirono,
ci avrebbero inghiottiti vivi,
nel furore della loro ira.


Le acque ci avrebbero travolti;
un torrente ci avrebbe sommersi,
ci avrebbero travolti acque impetuose.

Noi siamo stati liberati come un uccello
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato e noi siamo scampati.

Il nostro aiuto è nel nome del Signore
che ha fatto cielo e terra.

Canto al Vangelo     Mt 10,32

Alleluia, alleluia.
Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, dice il Signore,
anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio.
Alleluia.
 

Vangelo  Mt 10, 28-33

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo.

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

[dal sito:www.maranatha.it] 
 




Sant’Agata il cui nome in greco Agathé, significava buona, fu martirizzata verso la metà del III secolo, alcuni reperti archeologici risalenti a pochi decenni dalla morte, avvenuta secondo la tradizione il 5 febbraio 251, attestano il suo antichissimo culto.
Agata nacque nei primi decenni del III secolo (235?) a Catania; la Sicilia, come l’intero immenso Impero Romano era soggetta in quei tempi alle persecuzioni contro i cristiani, che erano cominciate, sia pure occasionalmente, intorno al 40 d.C. con Nerone, per proseguire più intense nel II secolo, giustificate da una legge che vietava il culto cristiano.
Nel III secolo, l’editto dell’imperatore Settimio Severo, stabilì che i cristiani potevano essere prima denunciati alle autorità e poi invitati ad abiurare in pubblico la loro nuova fede. Se essi accettavano di ritornare al paganesimo, ricevevano un attestato (libellum), che confermava la loro appartenenza alla religione pagana, in caso contrario se essi rifiutavano di sacrificare agli dei, venivano prima torturati e poi uccisi. 

Secondo la ‘Passio Sanctae Agathae’ risalente alla seconda metà del V secolo e di cui esistono due traduzioni, una latina e due greche, Agata apparteneva ad una ricca e nobile famiglia catanese, il padre Rao e la madre Apolla, proprietari di case e terreni coltivati, sia in città che nei dintorni, essendo cristiani, educarono Agata secondo la loro religione. 
Sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e durante una cerimonia ufficiale chiamata ‘velatio’, le impose il ‘flammeum’, cioè il velo rosso portato dalle vergini consacrate. 

Studi storico-giuridici approfonditi rivelano, al momento della sua morte, un'età non inferiore ai 21 anni: non prima di questa età, infatti, una ragazza poteva essere consacrata diaconessa come effettivamente era Agata, cosa documentata dalla tradizione orale catanese, dai documenti scritti narranti il suo martirio e dalle raffigurazioni iconografiche ravennate, con particolare riferimento alla tunica bianca e al pallio rosso; possiamo quindi a ragione immaginare che, sebbene si fosse consacrata a Dio a 15 anni grazie al consenso speciale del Vescovo, non fosse più una ragazzina al momento del martirio, ma piuttosto una donna con ruolo attivo nella sua comunità cristiana: una diaconessa aveva infatti il compito, fra gli altri, di istruire i nuovi catecumeni alla fede cristiana (catechesi) e preparare i più giovani al battesimo alla prima comunione e alla cresima. Ciò porterebbe a retrodatare di almeno sei anni la data di nascita, che tradizionalmente si colloca all'8 settembre 235, poiché si riteneva fosse morta a 15 anni il 5 febbraio 251.

Inoltre, da un punto di vista giuridico, Agata aveva il titolo di "proprietaria di poderi", cioè di beni immobili. Per avere questo titolo le leggi vigenti nell'impero romano pretendevano il raggiungimento del ventunesimo anno di età. Rimanendo sempre in tema giuridico, durante il processo cui Agata fu sottoposta, fu messa in atto la Lex Laetoria, una legge che proteggeva i giovani d'età compresa tra i 20 e i 25 anni, soprattutto giovani donne, dando a chiunque la possibilità di contrapporre una actio polularis contro gli abusi di potere commessi dall'inquisitore: prova ne sia che il processo di Agata si chiuse con un'insurrezione popolare contro Quinziano, che dovette fuggire per sottrarsi al linciaggio della folla catanese.

Nel periodo fra la fine del 250 e l'inizio del 251 il proconsole Quinziano, giunto alla sede di Catania anche con l'intento di far rispettare l'editto dell'imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede, mise in atto una persecuzione feroce. La tradizione riferisce che Agata fuggì con la famiglia a Palermo, alla Guilla, ma Quinziano li scovò e li fece tornare a Catania. Il punto che la giovane catanese attraversò per uscire da Palermo e tornare alla sua patria, oggi è detto Porta Sant'Agata. Quando la vide di presenza, Quinziano s'invaghì della giovinetta e, saputo della consacrazione, le ordinò, senza successo, di ripudiare la sua fede e adorare gli dèi pagani. Si può ipotizzare, coesistente a ciò, anche un quadro più complesso: ovvero, dietro la condanna di Agata, la più esposta nella sua benestante famiglia, poteva esserci l'intento della confisca di tutti i loro beni. Di certo, era un contesto storico estremamente drammatico per i cristiani: Papa Fabiano era morto, ucciso, da più di un anno, la sede era vacante, e il successore Cornelio sarebbe stato eletto ben 14 mesi dopo il suo martirio.

Al rifiuto deciso di Agata, il proconsole l'affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie, persone molto corrotte. Il fine di tale affidamento era la corruzione morale di Agata, attraverso una continua pressione psicologica, fatta di allettamenti e minacce, per sottometterla a Quinziano. Ma Agata, contrappose l'assoluta fede in Dio.

Rivelatosi inutile il tentativo di corromperne i principi, Quinziano diede avvio a un processo e convocò Agata al palazzo pretorio. Memorabili sono i dialoghi tra il proconsole e la santa che la tradizione conserva, dialoghi da cui si evince senza dubbio come Agata fosse edotta in dialettica e retorica.

Breve fu il passaggio dal processo al carcere e alle violenze con l'intento di piegare la giovinetta. Inizialmente venne fustigata e sottoposta al violento strappo delle mammelle, mediante delle tenaglie. La tradizione indica che nella notte venne visitata dal Primo Papa, San Pietro, che la rassicurò e ne risanò le ferite. Infine venne sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. La notte seguente all'ultima violenza, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella.

[dal sito SantieBeati.it]